Località: SALENTO
Percorrendo il territorio della Grecìa Salentina si possono incontrare numerose residenze fortificate la cui storia non è solo quella dei castelli aragonesi. In queste terre già i Messapi fondarono la loro potenza su mura megalitiche, così come Romani, sul castrum, con la geometrica divisione in isolati rettangolari dell'accampamento arcaico. Le pietre del limitone dei Greci arginarono e difesero le terre greche dei Bizantini, sorvegliate da torri (pyrgoi) e da antiche specchie. Tuttavia, sarà soprattutto con i Normanni, al venir meno della sovranità bizantina, che si accentuò il ricorso alle fortificazioni rurali e ai castelli. Dopo quelli degli Angioini, vennero i castelli degli Aragonesi, che, tuttavia, si dimostrarono del tutto inadeguati a respingere l’impeto delle bombarde adoperate dai Turchi nel corso degli scontri 1480. I castelli della Grecìa sono, appunto, il risultato dell’adattamento alle nuove tecniche difensive. La struttura dei castelli prese forma quadrata, compatta e robusta, difesa agli angoli da torri cilindriche. La funzione difensiva fu rafforzata anche dalle caratteristiche masserie che vennero adeguatamente fortificate. Una volta venuto meno il pericolo degli assalti queste strutture fortificate furono trasformati in palazzi e residenze signorili e le artiglierie lasciarono il posto ad arredi lussuosi, arazzi, quadrerie ed ori. Possiamo intraprendere tra i paesi della Grecìa un itinerario alla scoperta di questi affascinanti manieri carichi di storia e preziose testimonianze, che arricchiscono la storia della nostra terra. Partendo da nord in senso antiorario incontriamo Martignano dove vistiamo il palazzo baronale di impianto cinquecentesco, con il portale risalente alla seconda metà del 700, sormontato dallo scudo coronato che presenta l’arme dei Granafei. Il palazzo è costituito da due piani, dal cortile centrale attraverso due scale, una posta a destra e l'altra a sinistra, si sale ai piani superiori. L’edificio è provvisto di un ampio giardino e di un semipogeo, un tappeto con torchi alla francese e alla genovese. Entrando dal portone centrale, a sinistra c’è la cappella di S. Domenico. Da ricordare che il palazzo fu la dimora natale di Giuseppe Palmieri, grande illuminista, uno dei più importanti giuristi ed economisti del settecento napoletano. Meritano una menzione altri palazzi aristocratici di Martignano come palazzo Pasca del XVIII sec., palazzo Macchia opera di Gaetano Sergio del 1779, e il settecentesco palazzo Volpe. Lasciato Martignano ci incamminiamo verso Sternatia dove troviamo il palazzo baronale costruito nel 1734 da Enrico Granafei sui resti del precedente castello voluto dagli Orsini del Balzo nel corso del quindicesimo secolo. Del vecchio maniero rimangono i muri scarpati, visibili sulla retrofacciata, utilizzati come base per l’attuale palazzo. Questo palazzo, che è una delle residenze baronali più importanti del barocco salentino, fu disegnato e progettato da Mauro Manieri e presenta elementi di rilievo sia nella facciata, sia negli affreschi interni. La facciata è abbellita da un imponente ingresso il cui timpano è dominato dall’arme dei Granafei. La grande regolarità del prospetto principale è scandita da una serie di finestre convergenti verso l’asse portale, che assegna ad esso una preminenza prospettica, nonchè una preminenza ideale all'arme della famiglia proprietaria. La severa geometria della facciata è rafforzata dalle lesene ed è appena ingentilita dai timpani delle finestre e dalla balaustra. Il cortile interno, pavimentato a raggera, presenta agli angoli due raffinate vere di pozzo. Come già accennato, il piano nobile presenta come motivo di grande interesse gli affreschi, che decorano le volte degli ampi ambienti, realizzati nel nel 1775 da artisti leccesi tra cui Serafino Elmo. Queste decorazioni in stile rococò ritraggono scene mitologiche, divinità celesti, paesaggi, conferendo agli ambienti un effetto di grande suggestione, al quale non si sottrasse il Cavoti, che li riprodusse in acquerello. Da segnalare anche i bellissimi giardini pensili, attraversati da vialetti, con pergolati e alberi, arricchiti con fontanelle, vere di pozzo, vasche fioriere, panchine, il tutto disposto secondo un sapiente gioco geometrico. Dopo Sternatia ci rechiamo a Corigliano d’Otranto, qui sorgeva originariamente un castello angioino di cui resta ormai ben poco; al di sotto del piano del fossato, alla base del torrione di S. Michele, scorgiamo in sezione lo spessore e i materiali di riempimento delle antiche mura: pietre e terra rossa, che non poterono contrastare la forza distruttiva delle bombarde ottomane. Fu il marchese Giovanni Battista Delli Monti che tra il 1514 e il 1519 ricostruì il fortilizio così come lo possiamo ammirare oggi che costituisce, sicuramente, uno degli esempi più importanti di architettura feudale medievale di Terra D’Otranto. Per l’opera di ricostruzione furono usate maestranze locali secondo un progetto che seguiva parametri militari. Questa finalità è ben attestata dall’aspetto possente e severo del maniero, che si presenta con i quattro torrioni angolari, che difendono il corpo di fabbrica centrale, dando un senso di forza e sicurezza. Le torri, scarpate e attraversate da due marcapiani e dalle cannoniere dei vari piani, controllano il territorio circostante e permettono di monitorare gli ingressi. I quattro torrioni sono intitolati a S. Mchele, S. Giovanni Battista, S. Giorgio, S. Antonio Abate, rappresentati in altorilievo accanto allo stemma dei Delli Monti. Di particolare rilievo, la maestosa facciata barocca, commissionata all’architetto coriglianese Francesco Manuli dal Duca Francesco Trani barone di Tutino, che acquisì il castello nel 1615. Risalta la grande eleganza e raffinatezza della balaustra sfarzosamente decorata. Il primo piano presenta 8 finestre cieche, nelle quali sono poste le statue di altrettanti grandi condottieri, cui sono associate delle statue che rappresentano le virtù, o episodi della vita dei personaggi stessi. Non associate a nessun personaggio, alle estremità della facciata, due statue che raffigurano la musa Euterpe protettrice della Musica. Nella facciata attuale si possono ancora scorgere le aperture-feritoie dell’antico fortilizio, trasformate in finestre che dovevano rischiarare i vani riadattati a dimora comoda e confortevole per il signore. Ormai nel corso dei secoli, come attestano le settecentesche tele della matrice, il castello aveva completato la sua metamorfosi trasformandosi nella lussuosa dimora inglobata nell’architettura rinascimentale e poi barocca dell’abitato, che si può ammirare oggi. Lasciando Corigliano ci spostiamo a Melpignano, dove possiamo ammirare solo i resti del Castello quattro-cinquecentesco, provvisto di fossato, torri, un vasto giardino interno e che per estensione occupava un terzo dell’intero abitato. Possiamo farci un idea delle mura e delle dimensioni dell’antico castello osservando l’affresco di S. Giorgio risalente al 1525 conservato nella Chisa Matrice. Il castello originario era di costruzione aragonese e considerando l’attuale facciata che presenta sulla destra una torre cilindrica si facilmente dedurre che si trattava di una vera e propria fortezza. Nel 1636 Giorgio Castriota fece edificare sulle mura del vecchio maniero il palazzo baronale come ci è stato conservato fino ad oggi. L’edificio perse il suo aspetto militare e acquisì una facciata simmetricamente composta con le 8 finestre in fuga verso i lati. La paternità del progetto è attribuita a Francesco Manuli di Corigliano. Da segnalare il bel giardino con lo splendido recinto colonnato, i viali alberati, l’elegante piscina, i sedili, le cisterne. Dopo la visita a Melpignano ci attende il castello di Castrignano dei Greci, che risulta dal rimaneggiamento, avvenuto nel 500, di un antico castello medievale circondato da un largo fossato. La facciata presenta una base scarpata con un caratteristico toro marcapiano e raffinate finestre, che conservano varie iscrizioni; particolarmente bella la finestra in asse con il portale con un angelo nella chiave. Sia il coronamento superiore cadenzato da mensole, sia il portale bugnato del lato ovest, rilevano ulteriori interventi sull’edificio. Non si esclude l’intervento di maestranze martanesi dei Margoleo, come farebbe pensare, all’interno dell’androne di ponente, il portale che precede la scalinata che conduce al piano nobile, il quale presenta motivi floreali, colonne semicilindriche, mascheroni apotropaici, capitelli con angeli e arco fiorito, tipici di queste maestranze grecaniche. Nel cortile un effetto particolarmente suggestivo è creato dai cinque archi bugnati che sovrastano l’arco ribassato dell’androne, e che, seguendo l’andamento delle rampe, si fermano a livello della loggia. Infine, visitiamoil castello di Martano, anche questo edificio è il risultato di lavori compiuti su un originario maniero aragonese per volontà del barone Luigi Trani, che affidò il progetto a Francesco Manuli, il quale sostituì la vecchia facciata con l’attuale, che si presenta scarna e spoglia, di una semplicità che neanche la successione delle otto finestre riesce a movimentare. Interessante il motivo presentato dal portale con le bugne inclinate, che si ritrova anche nel palazzo di maggio di Melpignano. Da segnalare all’interno l’oratorio di S. Antonio, alcuni interessanti pavimenti maiolicati e gli affreschi di alcune stanze con la a volta a matrotta, e quattro ovali con decorazioni in stile pompeiano. Recentemente sono state restaurate la volta a capriata della sala di rappresentanza e le tre volte a matrotta sul lato ovest.